Le proposte emerse dal laboratorio
Facilitatrice: Adele Antonelli
E’ evidente: il termine SCUOLA è attualmente inteso in maniera varia da coloro che le si avvicinano.
Per i giovani sembra essere diventata la Scuola il luogo preferito in cui incontrarsi per osservare i coetanei, per condividere esperienze, per farsi ascoltare almeno per pochi minuti al giorno da un compagno, da una bidella, dall’insegnante.
Per i genitori la Scuola è il luogo in cui i figli dovrebbero essere al sicuro dalle seduzioni di questo mondo alla rovina, il luogo in cui maturano conoscenza e saggezza.
Per gli insegnanti la Scuola è il luogo in cui ogni giorno sembra essere quello precedente, con le sue problematiche irrisolte, con la sua burocrazia soffocante ma…i ragazzi sono sempre diversi. Basta un giorno perché la relazione docente-alunno possa mutare, possa generare miracoli culturali o gravi incomprensioni.
Questi tre “fronti” quotidianamente interagiscono ma come bendati perché il travolgente ritmo imposto alla giornata fa perdere la cognizione del tempo, del tempo vero, non di quello diviso, segmentato, fratturato dagli orologi, per quanto belle creature siano ai nostri polsi.
E così non c’è tempo per fermarsi, per incontrarsi, per guardarsi, per ascoltarsi; allora l’abbiamo cercato tutti insieme per “costruire un incontro” in cui tutti possano portare la propria tessera.
Sono presenti la Preside, alcuni genitori, alcuni insegnanti e alcuni esperti delle dinamiche relazionali che, non appartenendo al mondo della scuola, costituiscono non tanto un altro “fronte” ma una figura che può “vedere” con sufficiente obiettività qualche nodo del groviglio in cui ci si può trovare quando il tema è particolarmente sentito.
La Preside introduce i lavori delineando il quadro in cui si muove il liceo: ai problemi quotidiani si aggiunge l’evento della autogestione da parte degli studenti. E’ questa un’occasione per ascoltare gli alunni, per cogliere meglio i motivi del disagio che si manifesta sempre più frequentemente con il “non andare bene”, con il rifiuto a mettersi alla prova in un contesto che è invece aperto, disponibile alle richieste dei giovani. “Come ascoltare?” si chiede la Preside. “Con la volontà di migliorare” qualcosa almeno in parte, non solo per se stessi ma per l’istituzione stessa che tramanda valori comunque condivisi se si è qui a discuterne.
La dottoressa Vivoli, che rappresenta l’istituzione G.F.Minguzzi, espone ai partecipanti l’intento del progetto e dell’incontro: COMUNICARE, alla ricerca, tutti insieme delle possibili strategie di miglioramento.
Gli alunni (o meglio, le alunne) presenti, iscritte alla prima classe, fanno emergere subito molti motivi di disagio che in questo periodo di autogestione sono affrontati dagli stessi studenti. Quali sono le cause che generano scontentezza tra i giovani?
Non sembri assurdo ma la struttura stessa della scuola fa parte dei loro interessi: vorrebbero aule più adeguate, bagni più funzionali, maggiore controllo su coloro che fumano.
E poi c’è il bisogno di “capire di più” ciò che accade all’intorno, di parlare di più degli avvenimenti politici e dell’attualità. Ecco a cosa serve un periodo di autogestione: per coinvolgere e richiamare i propri insegnanti ad una realtà per gli alunni più viva e più vera di quella rappresentata dalle discipline del curriculum.
Quando si entra in questo campo minato della didattica, le alunne non possono trattenersi dal “raccontare” del loro quotidiano rapporto con gli insegnanti, o perlomeno con alcuni in particolare che, pur mostrando cultura e conoscenza certa della disciplina, non si muovono verso gli alunni ma creano, a detta dei giovani, un muro di gomma che a lungo andare raffredda l’entusiasmo per lo studio fino a generare casi di valutazioni insufficienti di difficile recupero.
Come si sono attrezzati, allora?
Con uno studio autonomo, a gruppi; tale risposta ha favorito il conoscersi meglio, la condivisione delle informazioni, il miglioramento.
I genitori (o meglio, le madri) presenti poggiano l’accento e la loro attenzione su questi aspetti: pur concordando con le alunne che alcuni tipi di relazione insegnante-studente costituiscono motivo di insoddisfazione per le famiglie, chiedono che si dia maggior attenzione al “rispetto delle regole”. L’educazione civica, materia pur inserita nei piani didattici, ha un suo regolare svolgimento o è stata accantonata? La discussione continua e regolare potrebbe condurre ad un approfondimento costante dello sviluppo civile e sociale, potrebbe educare alla creazione ed esplicitazione di regole da condividere consapevolmente.
Gli insegnanti (o meglio, le insegnanti) presenti osservano come il ruolo del docente stia rapidamente mutando: non gli si chiede più di essere perfettamente o adeguatamente preparato nella disciplina ma si esige che ridesti nei cuori e nelle menti dei giovani il sopito interesse per la società e per “i valori”, che recuperi comportamenti di maggior autocontrollo, che educhi al rispetto delle norme, anche le più elementari, della buona educazione. Si sta parlando di giovani, non più di bambini. Eppure gli insegnanti ogni giorno scendono in campo e si muovono verso gli alunni perché, come dice una docente “l’insegnante è sempre giovane e forse comprende più dei genitori stessi i suoi alunni”.
Ecco che la Scuola ritorna ad essere qui, in quest’aula, in questo pomeriggio, non più un luogo fisico ma un luogo dell’anima in cui far convergere il meglio di sé, con un grande obiettivo comune: il progresso, il miglioramento costante in quelle semplici azioni che saranno messe in atto dopo questo incontro.
Saranno le chiavi per i bagni, saranno strategie gentili ma forti per rapportarsi meglio con alcuni prof., saranno buone abitudini da apprendere.
L’augurio che il gruppo di lavoro si scambia è quello di trovare altre occasioni come questa di oggi che permettano a tutti i protagonisti della scuola di confrontarsi con spirito costruttivo e democratico.