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Le regole: quali? per chi?

Il tema delle regole chiama in causa concetti quali: autorità, autorevolezza, autoritarismo, coerenza, responsabilità, valori, norme, libertà, limiti, contenimento, sicurezza, fiducia. Riporta al ruolo dei genitori e ad uno dei loro compiti più difficili, che più li preoccupa e spesso li mette in crisi: sapere dire di “no”. Al momento giusto e nel modo giusto.

"Che cosa si deve fare? Lasciarli liberi o dire di no? Ogni volta che dico di no si arrabbia oppure dice che non hai fiducia in lui. Non si sa come comportarsi: se si danno delle regole si sbaglia, se si lascia fare si corrono dei rischi" . Questi sono interrogativi comuni a tanti genitori, che mettono in primo piano le difficoltà che essi incontrano nella gestione dell’autorità.

Il problema relativo all’esercizio dell’autorità è molto ampio e complesso, implica dare dei limiti rispettando la libertà dell’altro. L’autorità è qualcosa di complicato: quando ce n’è troppa, non la si sopporta. Quando non ce n’è abbastanza, ci si sente abbandonati.

E’ risaputo che mano a mano che i figli crescono tendono sempre più a mettere in discussione l’autorità dei genitori, a contrapporsi alle loro regole e a reclamare il diritto alla propria libertà. Uno dei compiti più difficili dei genitori è proprio il riuscire a dare delle regole senza annullare l’individualità e la libertà del ragazzo. Le soluzioni dei genitori a volte sono estreme: o decisamente autoritarie, o decisamente permissive. Essi, alcune volte, tendono a oscillare fra una soluzione e l’altra, sentendosi confusi e trasmettendo messaggi contraddittori. Oppure decidono di lasciare perdere dichiarando di non avere alcun potere.

Non ci sono indicazioni precostituite né consigli o risposte da dare ad un problema così complesso e personale come quello dell’autorità e delle regole da dare e da fare rispettare. Ogni genitore può trovare una soluzione personale in base al come è, alle proprie caratteristiche, a ciò in cui crede, alla propria storia, ai propri principi e ai propri valori, alle caratteristiche di ciascun figlio e della storia del proprio rapporto con quel determinato figlio.

A volte libertà e autorità sono visti come concetti contrapposti che si escludono a vicenda, altre volte si fa confusione. L’autorità può essere confusa con l’autoritarismo, la libertà può essere confusa con il lassismo/permissivismo e il contenimento confuso con la repressione. In realtà il concetto di autorità rimanda alla capacità di mantenere un comportamento autorevole, che contiene e dà limiti, pur rispettando il bisogno di individualità dell’altro. In questa ottica libertà e autorità non sono concetti contrapposti ma, al contrario, uno è funzione dell’altro. Non c’è libertà senza limiti e senza un contenimento. Il contenimento è indispensabile per permettere di pensare e quindi per permettere libere scelte.

Nel corso dello sviluppo, il rapporto autorità/libertà si trasforma perché il bambino che cresce diventa mano a mano più capace di autoregolarsi, di autocontrollarsi e di assumere in prima persona la funzione di contenimento prima esercitata totalmente dai genitori. In questo senso l’adolescenza è un momento evolutivo cruciale che, se procede bene, porta alla capacità di darsi dei limiti e di essere consapevoli dei rischi provenienti dall’esterno.

Nell’adolescenza il desiderio/bisogno di libertà diventa particolarmente pressante. Per l’adolescente la libertà viene spesso intesa come assenza di regole, di limiti e di rischi o come contrapposizione alle regole preesistenti. L’autorità genitoriale viene attaccata perché il ragazzo reclama la sua indipendenza, vuole pensare a modo suo, vestirsi a modo suo, darsi delle regole proprie. Ha bisogno di sentire che può pensare con la propria testa, di rendersi conto da solo di certe cose , di certe regole. L’adolescente ha nuovi mezzi, nuove capacità fisiche, cognitive e contrattuali; non gli basta più sentirsi dire: <<devi fare così perché te lo dico io>>, vuole capire, vuole sapere il perché, polemizza, sostiene il suo punto di vista, si ribella.

E’ importante capire che il ragazzo, mettendo in discussione le regole e i valori sta in realtà compiendo il percorso di crescita: sta cercando di costruirsi un proprio sistema di regole e valori che possa riconoscere e sentire come suo e non semplicemente imposto dall’esterno. E’ di fondamentale importanza che i genitori continuino a svolgere il loro ruolo adattandosi alle nuove esigenze dei figli, tenendo presente che l’adolescente ha ancora bisogno di limiti esterni, di avere accanto degli adulti che svolgano la funzione di contenere e dare limiti. Questo lo protegge garantendo nello stesso tempo la possibilità di proseguire per prove ed errori, senza ritrovarsi troppo precocemente in situazioni ed esperienze per le quali non è ancora preparato e senza assumere atteggiamenti falsamente adulti.

La presenza di un adulto responsabile, e che continua a rimanere tale, mette in risalto la differenza dei ruoli e delle generazioni, cosa indispensabile affinché il ragazzo possa separarsi e individuarsi.

Gli adolescenti mettono in atto una “protesta adolescenziale” che, in parte, va tollerata per permettere certi spazi di movimento autonomo. Allora i limiti devono essere dati e riconosciuti su un piano emotivo-mentale, il controllo deve essere esercitato in modo flessibile e soprattutto rispettoso degli spazi privati e del bisogno di riservatezza.

I conflitti genitori/adolescenti possono avere un valore costruttivo, formativo, perché permettono al ragazzo di confrontarsi e di diventare consapevole delle differenze, di assumere posizioni attive, di vedere che l’adulto è realmente interessato a ciò che pensa e che fa.

Winnicott (In: “Dal luogo delle origini”) a proposito di adolescenza scrive:

Il punto centrale sull’adolescente è la sua immaturità e il fatto che non è responsabile … l’adolescente è immaturo, gli adulti maturi devono saperlo e devono credere nella propria maturità più che mai … se gli adulti cedono le proprie responsabilità ciò significa abbandonare i figli in un momento critico. L’adolescente non ne è contento, la ribellione non ha più senso, e l’adolescente che vince troppo presto rimane impigliato in una trappola … ciò che conta è che la sfida adolescenziale sia affrontata. Qui la comprensione è sostituita dal confronto… la parola confronto è usata per significare che un adulto (il ragazzo) rivendica ad alta voce il diritto di avere il proprio punto di vista… il confronto riguarda il contenimento senza rappresaglie, senza vendette, ma che tuttavia conserva la sua propria forza….

L’adolescenza è qualcosa di più della pubertà fisica, l’adolescenza implica crescita, e questa crescita è lenta. E mentre la crescita prosegue, la responsabilità deve essere presa dalle figure genitoriali. Se queste abdicano allora l’adolescente è costretto a fare un salto verso una falsa maturità e a perdere la sua maggiore risorsa: la libertà di avere delle idee e di agire sulla spinta dell’impulso.
Winnicott (in: “Colloqui con i genitori- la sicurezza”):

L’uomo deve essere libero per poter vivere secondo la propria fantasia. La libertà è un elemento essenziale, è ciò che permette l’estrinsecazione di quanto c’è di meglio in lui. Nondimeno dobbiamo riconoscere che ci sono uomini incapaci di vivere liberi perché hanno paura di se stessi e del mondo. Quando i bambini mostrano di saper fare uso della libertà che viene loro a poco a poco concessa, ciò rappresenta un segno sicuro di sviluppo sano….

Con la nostra presenza, con l’essere autenticamente noi stessi, noi (genitori) procuriamo una stabilità che non è rigida, ma viva e umana: ciò fa sì che il bambino si senta sicuro. Nel dare sicurezza noi otteniamo due cose insieme. In virtù del nostro aiuto il bambino è al sicuro dall’imprevisto, dalle intrusioni moleste e da un mondo ancora sconosciuto o incomprensibile. Dall’altro lato è protetto, per opera nostra, dai suoi stessi impulsi e dagli effetti che questi potrebbero produrre…. I figli sentono il bisogno di continuare a verificare se possono fare affidamento sui loro genitori, e ciò può durare sino a quando essi stessi avranno messo al mondo dei figli propri, talvolta anche dopo. E’ invece un tratto caratteristico proprio dell’adolescenza mettere alla prova tutte le misure di sicurezza e tutte le norme, le regole, le discipline… Possiedono un senso di sicurezza che viene costantemente rafforzato dalle prove che essi compiono sui genitori e sulla famiglia, sugli insegnanti, sugli amici e su qualsiasi persona essi incontrino…. Perché sono soprattutto gli adolescenti a fare queste prove? Spesso sembra che debbano far fronte, nel loro intimo, a nuovi e violenti sentimenti che li spaventano; da ciò deriva il bisogno di verificare che i controlli esterni siano ancora in funzione. Ma nello stesso tempo, gli adolescenti devono mettere alla prova la propria capacità di infrangere quelle barriere e affermare la propria personalità. I ragazzi sani hanno bisogno di qualcuno che li disciplini, ma le regole devono essere imposte da persone che essi possano amare e attaccare, che possano sfidare e ubbidire, i controlli meccanici non servono e la condiscendenza ottenuta con la paura non ha valore…. A poco a poco lo sviluppo porta il bambino o l’adolescente ad acquisire un senso adulto di responsabilità…. I controlli si sono trasformati in autocontrolli.

Winnicott (in: “Colloqui con i genitori – dire “no”):

Ci si può rendere conto che nel lavoro di crescere i figli le cose importanti si fanno momento per momento, mentre accadono i fatti della vita. Non esistono lezioni né momenti specifici per imparare. La lezione avviene sulla traccia del modo in cui le persone coinvolte reagiscono….

Superata la fase iniziale, in cui sapete di essere totalmente responsabili, compare il vero e proprio senso di responsabilità dei genitori nel guidare i figli: ciò distingue così nettamente i primi dai secondi da rendere impossibile il gioco, che piace a molti, in cui madri e padri sperano di essere soprattutto amici dei loro figli ….

La madre il padre fanno conoscere, a poco a poco, il piccolo alla realtà e la realtà al piccolo. La proibizione è una delle strade per fare ciò. Sarete sicuramente sollevati nel sentirmi dire che non esiste solamente la strada del “no”, ce n’è anche un’altra. Infatti, la base del “no” è costituita dal “si” …lo sviluppo del piccolo si fonda su ciò che la madre approva molto più che su ciò che proibisce. Il “si” è lo sfondo su cui si inserisce il “no”…

In modo graduale, e dovuto anche al caso, il principio del “no” viene a coincidere con la figura maschile, il papà, che sarà poi apprezzato, e che può anche dare qualche scapaccione senza per questo perdere l’affetto del figlio. Ma, se vuole dare scapaccioni, deve conquistarsene il diritto, con una presenza abbastanza assidua e non schierandosi con il bambino contro la madre. All’inizio l’idea di personificare il “no” può anche non piacere, ma risulta meno sgradita se si tiene presente che ai bambini piace sentirsi dire di “no”.

Parlando del “padre” si intende la “funzione paterna”, una funzione mentale che spinge all’ autonomizzazione e alla responsabilizzazione. E’ la funzione di garante, di limite che può essere svolta anche dalla madre e anche dalla scuola. La scuola sostiene l’autonomia in quanto impone una mediazione fra bisogni individuali e collettivi, sancisce sanzioni, crea spazi di verifica. Perché ci sia una proibizione deve esserci un garante, qualcuno che rassicuri sul fatto che certe cose non vanno agite: lì ci sono i germi della libertà individuale.

La figura del padre è fondamentale durante il processo di separazione, è importante che il padre, o chi svolge funzioni paterne dia delle regole e dei limiti, naturalmente inseriti in un contesto affettivo.

ARGOMENTI TRATTATI DURANTE L'INCONTRO DEL 19 FEBBRAIO 2003
( a cura della Dott.ssa Rita Semprini - relatrice)